Il 17 maggio a Mantova, durante l’inaugurazione del Food & Science Festival, 4 attiviste del ControFestival No Food No Science hanno interrotto l’intervento di Francesco Lollobrigida, Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, per chiedere una transizione del sistema alimentare attuale verso uno a base vegetale.
Il Food & Science Festival di Mantova si propone come un’occasione per parlare dei legami tra cibo e scienza, ma negli anni è diventato anche uno strumento di propaganda politica che mette in primo piano una scienza al servizio dell’industria zootecnica. Complici i partner e gli sponsor tra cui Inalca, Granarolo, Levoni, Parmigiano Reggiano e Grana Padano, gigantesche multinazionali che si occupano di allevamento e macellazione di animali, e che contribuiscono notevolmente alla distruzione degli ecosistemi sul pianeta.
Il Governo attuale invece tenta con ogni mezzo di fermare l’impegno delle attiviste per la liberazione degli animali non umani e compie scelte politiche che continuano ad andare nella direzione sbagliata, quella del collasso ecoclimatico e della morte di miliardi di animali.
Recentemente è stato approvato il decreto Agricoltura, proposto proprio dal Ministro Lollobrigida, che impone ai Carabinieri Forestali e al SOARDA (nucleo occupato nel contrasto al bracconaggio e che è in stretta collaborazione con associazioni ambientaliste e animaliste) di sottostare al diretto controllo del Ministero dell’Agricoltura, affinché ne assuma pieni poteri, così da favorire le lobby della carne, avere il consenso dei cacciatori, degli allevatori e degli operatori della fiera alimentare.
Il Ministro Lollobrigida, oltre a diffondere continue falsità, legittima lo spreco di milioni di euro di soldi pubblici – 20 milioni, per la precisione – a scapito della vita di tutti gli esseri senzienti del Pianeta, animali umani e non-umani, in favore dello sterminio indiscriminato di specie selvatiche come i cinghiali.
Il decreto prevede il coinvolgimento dell’esercito, a cui verranno attribuite funzioni di pubblica sicurezza, per l’uccisione indiscriminata di maiali e cinghiali con il fine di contrastare la diffusione della Peste Suina Africana (PSA). L’idea della caccia come strumento di contenimento per la PSA va però contro il parere di zoologi ed etologi, i quali affermano che uccisioni di questo tipo fino ad oggi si sono rivelate inefficaci – sia per contrastare che per debellare il virus da una zona – e, anzi, in alcuni casi hanno contribuito alla diffusione del virus.
Misure contro le attiviste non mancano nel decreto: si prevede per chi contrasterà le attività di abbattimento degli animali, l’identificazione, il trasferimento in caserma e la possibilità di un trattenimento fino a 24 ore. Riferimenti non casuali che ricordano i fatti accaduti lo scorso 20 settembre 2023 a Sairano (Pavia), quando al rifugio per animali Progetto Cuori Liberi, le autorità dell’ASL e la Regione Lombardia hanno ordinato alla polizia in antisommossa, i carabinieri e i vigili del fuoco di sgomberare con violenza una trentina di attiviste che stavano difendendo i 9 maiali non DPA (non destinati alla produzione alimentare) sopravvissuti, per abbatterli indipendentemente se contagiati da peste suina o ancora sani. Portati via di peso dalle forze dell’ordine, molte attiviste sono state picchiate con tirapugni e manganelli, alcune fatte salire sulle camionette della celere e portate via senza rispettare i protocolli di sicurezza e sanificazione.
Il Food & Science è diventato la vetrina in cui pubblicizzare senza vergogna il consumo di animali, motivo per cui le attiviste hanno deciso di creare un ControFestival Antispecista, il “No Food – No Science”, proprio perché non si può parlare di sostenibilità e allo stesso tempo incoraggiare il consumo di carne e derivati.
Nel programma del festival si trovano eventi specificamente riferiti alle aziende che lo hanno finanziati. Si parla quindi di “Grana Padano DOP: il laboratorio dei sensi”, “The Milk Show” e “Sapore di latte” a cura di Granarolo, “Agricoltura rigenerativa per ridurre l’impatto della zootecnia” a cura di Inalca, che, leggendo dal suo sito web, è “leader assoluto in Italia ed uno dei maggiori player europei nel settore delle carni bovine” e, infine “Il suino mantovano: un racconto millenario di alimentazione e cultura”, a cura di Levoni, azienda italiana specializzata in salumi proprietaria di diversi macelli e salumifici.
Eppure sono innumerevoli gli studi scientifici che ci dimostrano la necessità di trasformare il sistema alimentare in uno a base vegetale, essendo l’unico realmente definibile sostenibile. L’industria zootecnica è responsabile di almeno il 15% delle emissioni globali di gas serra in atmosfera (FAO), una percentuale paragonabile a quella dell’intero settore dei trasporti. Tra le cause vi sono il rilascio di massicce quantità di metano in atmosfera, la deforestazione, lo sfruttamento del suolo per i mangimi, l’uso incontrollato di risorse idriche sempre più scarse e preziose, il rilascio di liquami che inquinano l’acqua e l’aria che respiriamo. Ciononostante, l’impatto ambientale dell’industria della carne è comunque ampiamente sottostimato dalla FAO: di recente hanno fatto scandalo le intimidazioni e le minacce che le lobby della zootecnia hanno rivolto agli scienziati che si sono occupati di calcolare l’impatto di questo settore sull’ambiente, esercitando un’influenza che ha reso le dichiarazioni dell’organizzazione tutto fuorché indipendenti e oggettive. Ancora una volta l’influenza economica di queste multinazionali è tale da distorcere i dati e manipolare la comunicazione della scienza a loro favore – proprio come al Food&Science Festival, dove si parla di allevamenti sostenibili quando di sostenibile ci sarebbe solo il progressivo abbandono di questo sistema produttivo che sfrutta le vite degli animali per il profitto.
Sia il governo, sia il Food&Science, sia il mondo agricolo (e nello specifico quello mantovano) sembrano quindi ignorare i cambiamenti sociali avvenuti negli ultimi anni, che stanno portando sempre più persone ad acquisire un punto di vista antispecista, a scegliere un’alimentazione totalmente vegetale o anche solo a ridurre drasticamente i propri consumi di carne e di “prodotti” derivati dai corpi degli animali.
Quest’anno le attiviste hanno scelto di esprimere il loro dissenso nei confronti delle scelte del governo e verso l’organizzazione di questo festival. “Abbiamo scelto di farlo prendendoci le nostre responsabilità in campo di disobbedienza civile nonviolenta”, dichiarano, “per mostrare alla popolazione che il mondo agricolo e quello scientifico non sono solamente ciò che Food&Science propone”.