IL 16 APRILE L’UDIENZA PER LA SORVEGLIANZA SPECIALE A LAURA ZORZINI, ATTIVISTA NONVIOLENTA DI RIBELLIONE ANIMALE

L’attuale clima di repressione del dissenso attraverso il Codice Antimafia

Laura Zorzini è un’attivista del movimento antispecista Ribellione Animale di 29 anni, impegnata sin dall’adolescenza nella giustizia climatica e nella Liberazione animale. Ha sempre praticato Resistenza civile attraverso metodi esclusivamente nonviolenti.

Lo scorso sabato 30 marzo, su richiesta del questore della città, la Digos si è recata presso la sua abitazione a Trieste per consegnarle la comunicazione di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza della durata di 2 anni perché dipinta come dedita alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo la sicurezza e la tranquillità pubblica.

Da parte del movimento, c’è la consapevolezza che questo episodio si inserisce all’interno di un quadro repressivo che ormai da anni ha iniziato a impugnare un provvedimento che proviene dal Codice Antimafia contro ogni forma di dissenso poco apprezzata dal questore di turno.

La sorveglianza speciale, istituita nel periodo fascista da Mussolini nel 1931 e modificata poi nel 2011, si connota infatti come misura preventiva che ha una lunga tradizione di strumento repressivo verso chi muove critiche allo status quo. Mira infatti ad addomesticare (preventivamente! – anche da qui la sua incostituzionalità secondo molte giuriste, si vedano soprattutto le riflessioni promosse dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali o CEDU) ogni critica al sistema vigente in qualsiasi forma che, secondo il questore, potrebbe preludiare una condotta criminosa.

In tempi recenti, con il caso di Marco Boba nel 2021, il tribunale di Torino – città che è un vero e proprio hub nell’applicazione di misure repressive, si pensi alle studenti ai domiciliari dopo i cortei studenteschi o alle condanne alle militanti No Tav, in particolare Giorgio Rossetti, anch’egli messo sotto sorveglianza speciale senza richiamo a un qualche reato in particolare ma per la sua lunga storia di militanza – sembra aver connotato la presunta pericolosità sociale dello scrittore come vero e proprio reato d’opinione: benché nel verdetto si faccia riferimento esclusivamente al suo impegno politico, la Procura inserisce tra i motivi atti a giustificare tale richiesta la quarta di copertina del suo romanzo pubblicato sei anni prima, nel 2015, “Io non sono come voi” e la sua partecipazione a Radio Blackout.

Così Edgarda Maria Marcucci, detta Eddi, ricorda le parole pronunciate dalla pm Pedrotta a proposito della sua condotta “socialmente pericolosa”: «… e poi l’avete vista Marcucci, col suo passo marziale, quell’andatura aggressiva…». Ancora una volta, nessun reato in particolare da punire, ma un passato di militanza che la vede partecipe delle rivendicazioni dei gruppi NoTav, Non Una Di Meno e dal 2018 dell’Unità di protezione della donna (YPJ) in Rojava. E forse, ancor più grave nel suo caso, come suggerisce l’autrice nel citare il virgolettato sopra riportato, una gravissima infrazione di una regola non riportata esplicitamente da nessun codice penale ma non per questo meno ferrea: la legge patriarcale.

Dalle militanti No Tav, alle solidali con le combattenti curde, fino ad arrivare alle disobbedienti civili nonviolente che militano per la Liberazione animale, è chiaro che la misura della sorveglianza speciale non mira a punire alcun crimine in particolare ma a sopire, in nome di una sicurezza pubblica che è invece sempre più controllo poliziesco, ogni conflitto frontale con le istituzioni per un cambiamento significativo nella società.